l'ergastolo culturale di noi del Sud

L’occasione me l’ha data l’altra sera la trasmissione di Fabio Fazio durante la quale – meritoriamente – si parlava della difficile condizione di un testimone di giustizia siciliano (per fatti di mafia). Nella mia serena animosità ho coniato lì per lì il concetto di “ergastolo culturale” a cui, da siciliano onesto e intransigente, mi sento condannato dai media.
Francamente sono stanco di sentire parlare della mia terra solo per le ruberie dei nostri infami politici e per le gesta della mafia. So che è pericolosissimo trattare con questi termini tali materie. So, inoltre, che per i sempre attivi professionisti dell’antimafia il mio sfogo potrebbe costituire materia per camparci per i prossimi due o tre anni. So, infine, benissimo che la più grande infamia di uomini politici, professionisti, istituzioni, ecc.. nel passato fu quella di affermare che la mafia non esisteva e che quindi era inutile parlarne.
Ho di recente finito di leggere il libro “Se muore il Sud” dei giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Ebbene, si tratta della narrazione di una sequela di episodi di sprechi di danaro pubblico perpetrati dai politici locali, ripeto, “infami”, e dei condizionamenti delle mafie sulla costruzione di opere pubbliche. Poi ci sono delle aperture alla teoria che con la “Cassa per il Mezzogiorno” ci si arricchirono soprattutto molti imprenditori del Nord, e infine una spruzzata di dati interessanti: lo sapevate che con l’alta velocità ferroviaria il nostro Paese ha investito un centinaio di miliardi di euro – con sprechi inenarrabili – da Napoli in su, lasciando fuori il Sud?
Perché non si dice, chiaro e tondo, che con questo gap infrastrutturale
L’occasione me l’ha data l’altra sera la trasmissione di Fabio Fazio durante la quale – meritoriamente – si parlava della difficile condizione di un testimone di giustizia siciliano (per fatti di mafia). Nella mia serena animosità ho coniato lì per lì il concetto di “ergastolo culturale” a cui, da siciliano onesto e intransigente, mi sento condannato dai media.
Francamente sono stanco di sentire parlare della mia terra solo per le ruberie dei nostri infami politici e per le gesta della mafia. So che è pericolosissimo trattare con questi termini tali materie. So, inoltre, che per i sempre attivi professionisti dell’antimafia il mio sfogo potrebbe costituire materia per camparci per i prossimi due o tre anni. So, infine, benissimo che la più grande infamia di uomini politici, professionisti, istituzioni, ecc.. nel passato fu quella di affermare che la mafia non esisteva e che quindi era inutile parlarne.
Ho di recente finito di leggere il libro “Se muore il Sud” dei giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Ebbene, si tratta della narrazione di una sequela di episodi di sprechi di danaro pubblico perpetrati dai politici locali, ripeto, “infami”, e dei condizionamenti delle mafie sulla costruzione di opere pubbliche. Poi ci sono delle aperture alla teoria che con la “Cassa per il Mezzogiorno” ci si arricchirono soprattutto molti imprenditori del Nord, e infine una spruzzata di dati interessanti: lo sapevate che con l’alta velocità ferroviaria il nostro Paese ha investito un centinaio di miliardi di euro – con sprechi inenarrabili – da Napoli in su, lasciando fuori il Sud?
Perché non si dice, chiaro e tondo, che con questo gap infrastrutturale
L’occasione me l’ha data l’altra sera la trasmissione di Fabio Fazio durante la quale –meritoriamente – si parlava della difficile condizione di un testimone di giustizia siciliano (per fatti di mafia). Nella mia serena animosità ho coniato lì per lì il concetto di “Ergastolo Culturale” a cui, da siciliano onesto e intransigente, mi sento condannato dai media: uno sfogo che ho lanciato coi miei scarsi mezzi, ma che spero possa generare un dibattito, almeno in quel 2 o 3% di opinione pubblica che abbiamo in Sicilia. Francamente sono stanco di sentire parlare della mia terra solo per le ruberie dei nostri infami politici e per le gesta della mafia. So che è pericolosissimo, trattare con questi termini tali materie. So, inoltre, che per i sempre attivi professionisti dell’antimafia il mio sfogo potrebbe costituire materia per camparci per i prossimi due o tre anni. So, infine, benissimo che la più grande infamia di uomini politici, professionisti, istituzioni, ecc.. nel passato fu quella di affermare che la mafia non esisteva e che quindi era inutile parlarne. Ma… c’è un limite a tutto, e in questi ultimi anni si è passato quello opposto: in riferimento alla Sicilia (e più in generale al Sud) parlare “solo” di questi due argomenti, tacendo tutti gli altri. Ad esempio, ho di recente finito di leggere il libro “Se muore il Sud”  dei giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Ebbene, si tratta della narrazione di una sequela di episodi di sprechi di danaro pubblico perpetrati dai politici locali, ripeto, “infami”, e dei condizionamenti delle mafie sulla costruzione di opere pubbliche. Poi ci sono delle aperture alla teoria che con la “Cassa per il Mezzogiorno” ci si arricchirono soprattutto molti imprenditori del Nord, e infine una spruzzata di dati interessanti: lo sapevate che con l’alta velocità ferroviaria il nostro Paese ha investito un centinaio di miliardi di euro – con sprechi inenarrabili - da Napoli in su, lasciando fuori il Sud?

Perché non si dice, chiaro e tondo, che con questo gap infrastrutturale il Sud non ce la può fare? E l’infrastrutturazione è compito primario dello Stato centrale! Perché non si dice che combattere la mafia non basta? Perché il nostro Paese non ha mai concentrato i suoi sforzi economici per risollevare il Sud, come ad esempio la Germania? (in realtà non l’ha mai fatto: ai tempi della tanto vituperata Cassa per il Mezzogiorno l’ammontare annuo degli investimenti non superava lo 0,7% del PIL).
Di questo e di tanto altro, quando si parla di Sud, si tace. E io mi sono semplicemente stufato


     Massimo Puleo’occasione me l’ha data l’altra sera la trasmissione di Fabio Fazio durante la quale – meritoriamente – si parlava della difficile condizione di un testimone di giustizia siciliano (per fatti di mafia). Nella mia serena animosità ho coniato lì per lì il concetto di “ergastolo culturale” a cui, da siciliano onesto e intransigente, mi sento condannato dai media.
Francamente sono stanco di sentire parlare della mia terra solo per le ruberie dei nostri infami politici e per le gesta della mafia. So che è pericolosissimo trattare con questi termini tali materie. So, inoltre, che per i sempre attivi professionisti dell’antimafia il mio sfogo potrebbe costituire materia per camparci per i prossimi due o tre anni. So, infine, benissimo che la più grande infamia di uomini politici, professionisti, istituzioni, ecc.. nel passato fu quella di affermare che la mafia non esisteva e che quindi era inutile parlarne.
Ho di recente finito di leggere il libro “Se muore il Sud” dei giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Ebbene, si tratta della narrazione di una sequela di episodi di sprechi di danaro pubblico perpetrati dai politici locali, ripeto, “infami”, e dei condizionamenti delle mafie sulla costruzione di opere pubbliche. Poi ci sono delle aperture alla teoria che con la “Cassa per il Mezzogiorno” ci si arricchirono soprattutto molti imprenditori del Nord, e infine una spruzzata di dati interessanti: lo sapevate che con l’alta velocità ferroviaria il nostro Paese ha investito un centinaio di miliardi di euro – con sprechi inenarrabili – da Napoli in su, lasciando fuori il Sud?
Perché non si dice, chiaro e tondo, che con questo gap infrastrutturale

(pubblicato oggi sul sito dipalermo.it)





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